Or bene.
L’FMI, testuale:
«La tassa sulla proprietà sulla prima casa dovrebbe essere mantenuta per ragioni di equità ed efficienza e la revisione dei valori catastali accelerata per assicurare l’equità»
Zac, nel 2009 su queste pagine eretiche, testuale:
“Tutti noi abbiamo comprato casa pagando in bianco due terzi e in nero un terzo, cosi’ da poter accatastare a un valore minore del reale.
L’ICI non e’ una tassa, e’ una multa che ognuno di noi deve pagare per non essere stato onesto all’atto della stipula del preliminare, magari pagando in nero anche il notaio.”
Quel che mi sfugge e’ che alla presidenza dell’FMI siede la Lagarde e non lo scrivente, un’ingiustizia.
Io scrivo.
Scrivo molto.
Scrivo qualsiasi cosa vale la pena di essere annotata.
Poi, talune di queste, vengono amplificate con ragionamenti annessi su questo blog.
Ma il supporto che vede comparire le prime parole scritte e’ la mia Moleskine.
No, le mie Moleskine.
Perche’ ne ho una caterva, comprate ancor quando non costavano una follia, fine anni 80, e devo ammettere che il vate in tal senso fu’ Luis Sepulveda, malato come me di quel taccuino che fu’ di Chatwin, Hemingway e altri mostri sacri.
Nel corso degli anni mi sono sempre rifiutato di utilizzare un mezzo che fosse diverso dalla penna e da quei foglietti che paiono essere fatti solo per la scrittura, ma che a volte si prestano anche a piccoli schizzi, soprattutto quando sono al telefono.
Ho una Moleskine sul como’, un paio in auto, una di fronte al water, una sempre in tasca, un’altra in cucina, svariate inserite fra i libri.
Il caos si avvolge come un filo ingarbugliato allorquando capita di scrivere un po’ su una, un altro po’ sull’altra, per finire su di una terza.
Ieri me n’e’ capitata una fra le mani, datata 1987.
E’ il racconto temporale di un viaggio che mi porto’ a convivere per un mese con i personaggi piu’ disparati d’Europa, armato di sacco a pelo e con un budget di 100mila lire, il che concerneva il pernottamento o nelle stazioni ferroviarie, o in qualche parco pubblico.
E il 3 agosto di quell’anno “pernottai” all’interno della stazione di Perpignan, in Francia.
Verso le dieci, io e il mio compagno d’avventura, Massimo, tirammo fuori il fornelletto per scaldarci una scatola di fagioli borlotti, poco dopo vedemmo comparire un’ombra, piu’ si avvicinava e piu’ sembrava un govone in movimento.
Si sedette con noi, ci chiese se poteva assaggiare qualche fagiolo.
Era scalzo, indossava solo un vestito di paglia intrecciata, fatto da lui, e nient’altro.
Attaccate al “vestito” ciondolavano decine di cordicelle multicolor, tutte diverse fra di loro.
Chiesi cosa facesse nella vita.
“L’Esorcista”.
Deglutii.
Comincio’ a raccontare storie incredibili, a mimare strani passi di danza, a sfidare il buio della stazione con ampie roteazioni delle braccia.
Alla fine ci regalo’ una sorta di amuleto, contro ogni malvagita’ ci disse, una corda zeppa di nodi di color porpora.
Il fatto e’ che ieri ho ritrovato quella corda, alla quale francamente non ho mai creduto, ma che mi ha fatto cercare la Moleskine interessata, che mi ha fatto viaggiare a ritroso per quasi un trentennio, che mi ha ricordato la mia impareggiabile nonna Maria, la chiromante.
Uno dice, ma qui non si parla di politica?
Non sempre, esimio lettore, non sempre.
Dipende molto da come mi sveglio e da cosa trovo.
E questo e’ quanto.
Buon weekend.