Un italiano su due non ha mai aperto un libro nel 2016, più precisamente il 57,6% della popolazione non legge libri, ma è bravissima nello scrivere le più impensabili troiate su Facebook, Twitter e l’immancabile Wattsup (che non so neppure se si scrive così).
La notizia positiva è che quando entrambi i genitori leggono, la percentuale dei figli lettori vola al 70%.
Avrei decine di esempi, ma “chi è sto Dostoreschi?” le batte tutte.
Nel corso degli anni me nè son sentite dire di ogni sorta: “Se leggi non lavori”, “Non ho tempo”, “Una cosa inutile”.
Gente che poi trovi ingobbiti sul palmare ogni tre secondi, a controllare il meteo, le scie chimiche, centinaia di video che dovrebbero far ridere, esperti di vaccini, laureati in migranti, tonnellate di selfie, che se sei in qualsiasi posto devi assolutamente farlo sapere al globo, commentando il tutto con espressioni dialettali, vantandosene.
Ma i libri no, quelli sono contagiosi, portano il morbillo, come i nigeriani.
E vorrei vedere, il tempo per leggere lo passano come ebeti a cliccare “like”, come se si ricevesse un premio in denaro.
Così mandano a scuola i loro figli con il cellulare, la risposta più gettonata è “Se capita qualcosa a mio figlio lo voglio sapere”, impongono ai professori di tenerlo acceso, ma “in silenzioso”, e lo utilizzano addirittura come premio “Se ti comporti bene ti faccio usare il tablet per un’ora”.
Uno schifo aberrante, e nessuno muove un dito, anzi, il deviato sarei io.
Nel marzo 2013, scrissi questo:
“Un libro.
Un libro fa’ viaggiare, anche se e’ ambientato dentro a una cella.
Un libro fa’ ridere, piangere, tremare, addormentare, pensare, conoscere.
Un libro racconta una storia che non avrai mai la possibilita’ di vivere realmente, nemmeno se sei l’emiro del Bahrein.
Un libro non ti corre appresso, sei tu che vai a scovarlo fra le miliardate di pagine e le migliaia di tomi che ti pervadono quando entri in una libreria, uno dei posti piu’ attraenti costruito dagli esseri umani.
Un libro cammina con te, puoi leggerlo ovunque, puoi lasciarlo sul como’ per mesi, in soffitta per anni, ma lui non cambia, e’ sempre li’, aspetta.
Un libro va’ sfogliato, va’ a volte riletto, va’ conservato, va’ prestato ma solo a persone fidate, va’ protetto.
Quando trovo il semaforo rosso, o quando c’e’ una fila, prendo un libro e lo piazzo sul volante, anche poche righe, al massimo due pagine, poi arriva il verde e riparto avendo assunto una piccola dose della mia droga giornaliera, non riuscirei a farne a meno per nulla al mondo.
Questo tipo di dipendenza mi ha portato a scoprire centinaia di luoghi e di persone, reali o mentali, non fa’ differenza, al punto che delle volte mi capita di essere in una piazza e non ricordarmi se vi ero gia’ stato realmente o letteralmente.
E’ una cosa strepitosa.
E cosi’, ho puntato ai cavalli con Bukowsky, ho arpionato balene con Coloane, ho montato un mulo con Chatwin, ho corso come un pazzo per Belleville assieme a Pennac, ho sparato con Richler, mi sono oppiacizzato con Baudelaire e mi sono ubriacato, molto, con Sepulveda.
Sono stato rinchiuso con Levi e attraversato l’oceano con Baricco.
Sono stato arrestato con Leary e mi sono sentito libero con Martin Luther King.
Ho amato con Kerouac, odiato con Celine, riso con Marx (groucho) e pianto con Fitzgerald.”
Sono consapevole che questa mia invettiva non cambierà la percentuale di persone lobotomizzate dai social a scapito di una buona lettura, magari in cima a un monte dove non c’è campo.
Ma la speranza è sempre l’ultima a perire, quindi anche se solo una persona, dopo aver letto questo post, ricominciasse o cominciasse a leggere un libro, qualsiasi libro,sarebbe un successo planetario.